L’uomo più forte del mondo: la vera storia del primato Guinness e il business della forza

Da sempre gli esseri umani si sono cimentati in competizioni di forza, ma l’idea di creare una vera e propria competizione per decretare il “Re degli uomini forti” è nata negli anni ’70 grazie all’imprenditore irlandese Don Reinhoudt. Inizialmente la competizione veniva organizzata all’interno del “World’s Strongest Man” di CBS, ma nel 1977 venne creata l’omonima federazione con l’obiettivo di far crescere il business della forza.

La competizione, che si svolge annualmente, ha raggiunto un’ampia popolarità grazie alla sua spettacolarità e alla tenacia dei suoi partecipanti, ma ha anche un lato economico importante. Ogni anno infatti migliaia di appassionati si recano negli stadi o sui siti online per seguire gli eventi.

Il primato Guinness per l’uomo più forte del mondo è il traguardo più ambito dagli atleti che partecipano alla competizione. Il record è stato stabilito nel 2011 dallo statunitense Brian Shaw, che ha sollevato un’impensabile massa di 555 kg nel cosiddetto “deadlift”. Shaw ha ricevuto un premio di 5.000 dollari per il primato e l’evento ha sicuramente aumentato la sua visibilità mediatica.

Ma non è solo il singolo atleta a beneficiare economicamente della competizione: l’intero settore del “strongman” ha visto una crescita esponenziale, diventando un business multimilionario. La federazione “World’s Strongest Man” organizza infatti non solo la competizione principale ma anche eventi collaterali, seminari e stage di allenamento, attirendo sempre più sponsor, investitori e appassionati.

La competizione dell’uomo più forte del mondo è dunque un esempio di come sport e business possano camminare insieme, creando un’industria importante e strategica. Inoltre, la spettacolarità dell’evento ha anche un richiamo turistico e può portare vantaggi indiretti alle città che ospitano la gara.

In conclusione, il primato Guinness per l’uomo più forte del mondo è un riconoscimento ambito che rappresenta un’importante opportunità di visibilità e ricavi per gli atleti, ma è anche il simbolo di un’industria potente come quella del “strongman”.